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  • Come funziona?

“La prima cosa da chiarire è che il Cashback del Governo italiano non è automatico ma su base volontaria. Bisogna quindi iscriversi, indicando i propri metodi di pagamento e le modalità attraverso le quali ottenere il rimborso, fornendo il proprio Iban. Un’altra cosa importante da sottolineare è che non valgono, ai fini dell’ottenimento dei 150 euro, gli acquisti effettuati online. È quindi necessario acquistare all’interno dei negozi fisici e non pagare in contanti. Lo strumento identificato dal Governo per gestire l’intera procedura è l’app IO, l’applicazione digitale della Pubblica Amministrazione nata nell’aprile del 2020 e realizzata dal Dipartimento per la trasformazione digitale, in collaborazione con PagoPA. L’obiettivo è quello di consentire ai cittadini d’interagire, direttamente dal proprio smartphone, con gli uffici nazionali o locali, della Pubblica Amministrazione”.

Come procedere?

“Per partecipare al Cashback è quindi necessario, come primo passaggio, scaricare l’app IO sul proprio smartphone. Come fare? È molto semplice: basta andare su un qualsiasi marketplace (Play
Store e App Store sono i più noti), digitare nella barra di ricerca App IO ed effettuare il download. L’operazione è totalmente gratuita e richiede pochi minuti. Una volta scaricata l’app, bisogna inserire le credenziali per potere accedere. Ci sono due modalità: l’accesso con carta d’identità elettronica o quella con Spid. Nel primo caso la registrazione occupa pochi minuti: chi ha già la carta d’identità elettronica può accedere con il proprio codice PIN e poi utilizzare l’app CIEID, che è legata proprio ai possessori del documento d’identità digitale”.

  • A chi spetta?

“Per poter partecipare all’iniziativa occorre un’apposita iscrizione. Possono farlo tutti i maggiorenni residenti in Italia e saranno ammessi indistintamente tutti gli acquisti fatti come consumatori,
quindi non sono contemplati quelli effettuati nell’ambito dell’attività professionale o imprenditoriale. Il Cashback riguarderà qualsiasi tipologia di spesa pagata in modalità elettronica, quindi gli
acquisti di servizi e beni quali generi alimentari, capi di abbigliamento, spese mediche, pagamenti nei ristoranti o tutte le altre tipologie di spesa, escluse quelle fatte online. Questa scelta è dettata
dal fatto che si cerca di dare una spinta agli acquisti nei negozi tradizionali e, non meno importante, bisogna considerare che online è possibile fare acquisti solo con pagamenti elettronici, pertanto non avrebbe senso una misura che incentivi questi sistemi che sono di fatto gli unici ammessi. Gli esercenti non devono convenzionarsi, saranno infatti gli operatori che gestiscono i loro pos (le
macchinette per pagare) che aderiranno all’iniziativa. Ad oggi hanno aderito i principali operatori italiani: Pagobancomat, American Express, Poste Italiane, Axepta BNL, Banca Sella, Bancomat Pay, Iccrea, Nexi, Satispay e UniCredit, SumUp, SIApay, Six Payments, Mercury Payment (ex Setefi), Cassa Centrale. Sulla app Io e sui sistemi messi a disposizione dalle banche ed operatori saranno visibili le operazioni valide ai fini del Cashback. Attenzione perché le transazioni sono visibili il giorno dopo che i circuiti bancari le hanno contabilizzate (potrebbero servire fino a
10 giorni lavorativi)”.

  • Che fare se il pagamento non viene riconosciuto?

“Se un pagamento non viene riconosciuto è prevista la possibilità di inviare un reclamo per rimborsi sbagliati. Quest’ultimo è disponibile sul sito di Consap, la società pubblica che si occupa proprio dei rimborsi. Bisogna però fare attenzione a rispettate alcune date specifiche (ad esempio la richiesta per i mancati rimborsi del Cashback di Natale vanno effettuati entro il 29 giugno)”.

CONSIDERAZIONI FINALI

“Il Cashback ha la finalità di ridurre le transazioni effettuate con denaro contante e aumentare, di conseguenza, i pagamenti elettronici. Per giungere a quest’obiettivo – in linea generale – ci sono due strade: la riduzione della pressione fiscale ai piccoli imprenditori e imposizione alle banche di procedere alla riduzione delle commissioni ai piccoli esercenti oppure l’incentivo diretto ai clienti ad utilizzare i pagamenti elettronici per evitare quelli con contante. Ovvio dire che l’obiettivo di riduzione dell’uso del contante deriva da scelte e politiche adottate a livello europeo. Prende infatti avvio dalle svariate direttive antiriciclaggio, perpetrate sin dagli anni Novanta e finalizzate ad evitare fenomeni criminali, di corruzione ed evasione.Tutto molto bello e difatti la riduzione del contante è una finalità utile, ma quando il sistema fiscale è realmente proporzionale: più guadagni e più paghi. E ciò deve valere per tutti. Il Cashback governativo sembra di contro pensato apposta per i grandi e non per i piccoli imprenditori o per i consumatori. Scavando un pochetto nel giuridichese, la prima cosa che si capisce è che le risorse per applicare il Cashback verranno interamente finanziante con debito pubblico. Ciò si evince dal rimando, fatto dalla norma, all’art. 265 del Decreto Legge 34/2020, che, all’articolo 1, ammette il ricorso all’indebitamento. Dunque le banche non parteciperanno affatto al rimborso. Quindi che succede? Che lo Stato prende i soldi dal debito pubblico, poi li distribuisce ai cittadini che consumano e aderiscono all’iniziativa. Dai consumi i soldi tornano in parte alle banche sotto forma di commissioni. Buona parte andrà alle società transnazionali che vendono prodotti/servizi e che dunque vedono aumentati i propri profitti. A pagare il debito, detta papale papale, saremo dunque noi cittadini. Con 150 euro guadagnate, ne spenderemo almeno il triplo per ripagare il debito, sotto forma di tagli ai servizi, alla spesa pubblica ed aumento della pressione fiscale. Anche per queste ragioni il Governo Draghi starebbe valutando la possibilità di cancellare il Cashback. La nuova direzione prevederebbe quindi la concentrazione delle risorse su pochi progetti, selezionati in base alle garanzie di crescita e a un maggior impatto in termini di occupazione. I 5 miliardi destinati al Cashback, che non garantirebbe un’adeguata crescita del PIL, quindi, potrebbero essere spostati su un progetto con una resa più grande”.

 

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